Darwin Day

in occasione del Darwin Day riporto questo racconto tratto da “Germogli”, 2020, Cleup Ed. –

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Famiglia aristocratica, quella del signor D’Arvì.

Secondogenito, il padre lo voleva prete.

A Carlo invece interessavano i funghi, le piante e gli animali. E così, a venti anni si imbarcò come mozzo dal porto di Genova verso il Borneo, a riflettere sulle cose della vita e a osservare alberi, liane, uccelli col becco tozzo e tartarughe giganti. Tutte cose che aveva già immaginato dai racconti di Salgari e dai dipinti di Ligabue.

Più che altro fu un viaggio dentro sé stesso, che lo fece tornare un bel po’ diverso: look hipster, un quaderno sempre in mano, sguardo perso nel vuoto e ragionamenti strambi.

A volte condividiamo lo stesso tavolino d’angolo, al Centrale. Io mi porto qualcosa da leggere e lui il solito quaderno, sul quale disegna tratti decisi e veloci.

A volte sembra quasi che la matita faccia tutto da sola, come in un film d’animazione: l’albero cresce, l’edera gli corre dietro, ogni tanto cade un ramo e ne spunta un altro, gli uccelli ci fanno il nido e dopo un attimo volano via. La neve cade e dopo qualche secondo è già estate.

«Ma come fa a disegnare i movimenti delle piante?».

Circospetto, verifica che attorno non ci sia nessuno.

«Vede, professore, è la mia mente a disegnare. Quand’ero a Sumatra ho abbracciato la dottrina Junida e scoperto il potere della Caskia».

«L’albero sacro! Quello che geme linfa rossa come il sangue!».

«Lo conosce anche lei?».

«Per sentito dire …».

«Non l’ha mai provato, vero? Senta, oramai c’incontriamo qui da un po’ di tempo e lei mi sembra una persona discreta. Favorisce?».

Mi allunga una fiaschetta d’argento istoriata con un San Giorgio a cavallo di un drago.

Odore di pollo arrosto.

«Si fidi, si fidi. Ne faccio uso da cinquant’anni e sono ancora qui».

Si, ma ti sei visto? E adesso cosa faccio? Bevo? E dopo? Però quando mi ricapita?

Riempio il tappo, è un liquore violaceo e denso.

«Meno! Molto meno!», ride. «Permette? Faccio io».

«Chiedo scusa, sono abituato con la grappa di Moris».

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Tamburi, colori, profumi, testa che scoppia.

Stavolta l’ho fatta grossa –

Esco a prendere un po’ d’aria, solo che fuori dalla porta non ci sono più la strada né la banca: c’è un sentiero nel bosco e lui sta passeggiando davanti a me con un signore magro vestito da parroco.

«Le presento il collega Gregorio, questo è il nostro appuntamento del martedì sera. Lui è di Brno e conta piselli».

«In che senso?».

«Nel senso che conta piselli» esclama battendogli una pacca scherzosa sulla spalla. «No, dai, seriamente: sta facendo uno studio complicato sulla genetica. Gli piacciono la statistica, i piselli, la Kozel e l’erba pipa. Le donne un po’ meno».

Ridono complici, come due amici di vecchia data.

«Quello là in fondo invece è un pittore olandese. Per venire fin qui succhia il blu dai tubetti di colore che si fa spedire dal fratello».

Chiacchierano garbatamente. Camminano lentamente con le mani dietro alla schiena.

Io mi guardo attorno e l’erba cresce, fiorisce e secca in pochi secondi. Gli alberi giovani diventano subito vecchi e nel frattempo i loro germogli si allungano, si rompono e ricrescono cambiando mille forme, sempre diverse.

Il bosco rovesciato a terra dalla tempesta di pochi anni fa sta crescendo a vista d’occhio. Il seme caduto in sovrabbondanza ha già fatto un tappeto di alberelli senza alcun aiuto. I funghi stanno trasformando in humus i tronchi che non sono stati tolti per tempo e il faggio sta prendendo il posto dell’abete, piantato cento anni fa contro il suo volere.

Mi giro e li guardo a bocca aperta, ma loro mi sorridono indicandomi il bosco nuovo, che ora è già adulto.

«Benvenuto fra gli Junida, Lucio. Non preoccuparti, è l’effetto del succo. Rallenta il metabolismo di mille volte. Un’ora sono mille ore. Il tuo sangue scorre alla velocità della linfa di Caskia e il tuo battito è rallentato tanto da essere impercettibile. Te lo ricordi The Matrix? Ecco, diciamo che hai preso la pillola rossa.

Questo è il mondo che ci sta attorno da sempre, accessibile a chiunque abbia il coraggio di attraversare la porta del tempo.

Da adesso gli alberi e i boschi ti saranno diversi. Ti saranno diversi i salici, i castagni, i ciliegi e …».

«… e i piselli!» esclama Gregorio ridendo.

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Lucio Montecchio (e buon Darwin Day)

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