Pasquetta

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Eccolo lì, coi suoi fiori discreti.

Anche lui a ricordarci che la primavera è finalmente arrivata.

Vecchio? Non lo so e, sinceramente, queste cose dell’età, del diametro e dell’altezza non mi hanno mai appassionato.

E poi, vecchio rispetto a cosa? All’albero più vecchio? Al salice da vimini più vecchio? E come si misura l’età di un albero, in anni? E se anche fosse, fra cento o duecento anni cosa cambierebbe? Una foto in più?

La sua fortuna è vivere lungo questo fosso abbandonato, lontano dall’appetito di terra del proprietario di adesso; “proprietario”, boh… forse lui non sa neanche di averlo, diversamente dalla volpe che da anni ci fa la tana lì sotto.

Secondo me un centinaio d’anni fa era già grossomodo così, col fusto tozzo e la chioma bassa, generosa di rami elastici che qualcuno tagliava regolarmente per legare delle viti che adesso non ci sono più.

Sì, è facile che sia sopravvissuto perché era utile e che poi sia stato dimenticato perché dov’è non dà nessun fastidio.

Dimenticato: libero di scegliere. Di adeguarsi a equilibri sempre diversi causati dalla carie che gli sta trapassando la base.

Con tutti quei segni di un passato di cicatrici curate a vento e acqua, di tentativi di trovare il modo meno peggio per uscirne, qualcuno lo chiamerebbe veterano, qualcun altro monumentale. Aggettivi, inutili aggettivi.

Lui se ne frega, ne sono sicuro, e pian pianino ce la mette tutta e ci sta riuscendo. Con calma, che il tempo non gli manca.

Eccoli là, quei bei cordoni legnosi che salgono dalle radici e lo percorrono fin su in alto. Per ora servono a inscatolare e irrobustire quell’ampia porzione bucata, come fanno i contrafforti delle vecchie mura di Padova. Una corazza mano a mano che serve; su misura, ecco. Quando il fusto più vecchio si spezzerà a terra sarà uno di loro a diventare fusto, o più di uno.

Andrà avanti così, a lungo, per chissà quante primavere di fiori cotonosi, grigini, invisibili a chi non li vuol vedere. Il fusto più malandato cadrà lasciando spazio a quei cordoni, che metteranno su una bella chioma ricca e poi dalle radici verranno su nuovi germogli, che non si sa mai.

E via che va.

Perché gli alberi sanno. Non saranno animalmente intelligenti, ma stupidi non lo sono di certo (che poi, definire noi stessi intelligenti proprio in questo periodo, ci vuole tutta).

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Pasquetta da sempre è una giornata da bicicletta e argini, fuori c’è un bel sole tiepido e Netflix può aspettare, credetemi.

Cercate uno di questi bei salici campestri, ce ne sono tanti, e fermatevi anche voi a dargli un salutino.

Fa bene all’anima.

Lucio Montecchio

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